Nel Medioevo la donna veniva posta su un piedistallo dal cavaliere che era subordinato ad essa. Il culto della sua figura divenne il tema dominante della letteratura dell’età feudale e si espresse attraverso una particolare concezione dell’amore secondo cui l’amata veniva intesa come un essere sublime e al tempo stesso irraggiungibile e degno di venerazione. Rispetto ad essa l’uomo si sentiva inferiore e si dichiarava assolutamente sottomesso alla sua volontà, rispecchiando in questo atteggiamento la stessa sottomissione del vassallo o del cavaliere al suo signore. In particolare il cavaliere compiva due imprese per conquistare il cuore dell’amata, ma ciò che contava era soprattutto il sentimento che egli provava, in quanto già l’amore veniva considerato un valore in sé.
Oggi invece mi pongo molte domande sul perché l’amore, un sentimento così bello, che regala felicità e permette all’innamorato/a di condividere il bene che sente con le persone per le quali lo riserva, porti alla morte di sempre più donne per mano dell’uomo. Questi uomini, che rimangono tali anche dopo aver commesso un omicidio, vengono definiti molto spesso come “mostri” o “animali” dalle testate giornalistiche: questo tipo di divulgazione non permetterà mai alla società di capire che essi sono frutto della stessa.
La diffusione di notizie è fondamentale per capire e riconoscere che non si è ancora fatto il possibile al fine di ridurre queste tragedie, ma attraverso questa becera divulgazione vengono offerte anche interviste a persone conoscenti dell’assassino che lo descrivono come “brava persona” o come “un uomo geloso”, edulcorando l’accaduto, non dandogli il giusto peso e vittimizzando l’artefice. Riconoscere invece che l’uomo in questione non era sano mentalmente e che vedeva la donna come un oggetto per il quale gestirne il possesso, potrebbe avere nella società un riscontro molto più positivo.
Non è solo quindi una questione di gelosia ma subentrano dei fattori molto più profondi, radicati nella cultura di questa società: misoginia, maschilismo e mascolinità tossica che portano l’assassino a doversi identificare come “maschio alfa”, un individuo forte e insensibile. Questa immagine di uomo condurrà lo stesso a generare dentro di sé una sorta di continua repressione che lo porterà ad utilizzare la violenza come unico sfogo con la presunta consapevolezza di essere più forte della donna in questione.
Quello che ho scritto potrebbe costituire una risposta alle mie molteplici domande ma dentro di me credo che non riuscirò mai a capirne il perché o a darmi una semplice spiegazione. Spero che un giorno, anche se lontano, queste tragedie finiscano perché ad oggi portano ragazze giovani come me ad avere pensieri negativi riguardo all’amore, alla fiducia o al pensiero di voler mettere al mondo un figlio in questa società machista.
Laura Ileana De Bortoli 3F