Donald Trump, il 45° presidente degli Stati Uniti, si trova attualmente a fronteggiare una delle maggiori emergenze sanitarie dei nostri tempi. Tale situazione si è sviluppata in contemporanea alla conclusione del suo mandato (della durata di 4 anni) e quindi a ridosso delle elezioni presidenziali.
Pro
Il presidente ha iniziato il suo mandato il 20 gennaio 2017 attuando fin da subito politiche nazionaliste (We make America great again) e puntando soprattutto verso un rafforzamento dell’economia.
Il raggiungimento di quest’ultimo obiettivo viene dimostrato dal fatto che, nonostante fosse sospettata una possibile recessione (conseguente agli anni floridi per l’economia), il presidente è riuscito a mantenere gli obiettivi in merito alla crescita del PIL.
La crisi attualmente in atto, nonostante abbia ingenti risvolti economici, è dovuta a una causa esogena (la pandemia) per la quale il presidente non ha alcuna colpa. Risulta quindi sensato rimuovere dalla carica un “capitano”, che ha saputo tenere salda l’economia del suo paese a dispetto delle previsioni, per ragioni da lui indipendenti e in un momento in cui stabilità e coerenza nelle misure sono essenziali?
Il suo competitor risulta essere il democratico Joe Biden, un candidato non solo molto debole ma di orientamento completamente opposto rispetto all’attuale presidente, che potrebbe decidere di applicare politiche contrarie a quelle già in atto, intervenendo con ingenti provvedimenti statali che potrebbero soffocare lo “spirito animale” degli imprenditori americani che a fronte di una tale crisi economica andrebbe invece risvegliato.
Il presidente si trova quindi alle soglie della rielezione per il secondo mandato (solitamente riconfermato nella storia degli USA), in una situazione di piena emergenza da lui sostanzialmente governata e con un avversario debole. Saprà egli sfruttare le difficoltà come ha saputo fare con l’impeachment?
Cons
Il presidente Trump ha favorito negli anni del suo mandato accordi bilaterali tra paesi danneggiando la cooperazione tra gli altri stati. Quest’ultima risulta essere invece un fattore essenziale per affrontare l’attuale crisi economica che, seppur dovuta ad una causa esogena (il coronavirus), esprime aspetti di particolare delicatezza nella gestione della situazione da parte dei governi. Il presidente infatti ha inizialmente sottovalutato l’emergenza, da principio ignorandola e poi spingendo verso una rapida ripresa delle attività. Tale “fretta” gli è costata oltre 500.000 casi positivi (circa 350.000 in più dell’Italia nonostante una differenza di tre settimane nello scoppio della pandemia) e oltre 23.000 decessi, dovuti soprattutto ad un collasso degli ospedali (unito alla scarsa copertura sanitaria degli USA che si basa sulle assicurazioni e non sulla previdenza sociale come in Italia).
L’inefficiente
risposta immediata sarà con ogni probabilità accompagnata da un’inefficiente
risposta futura. Le risposte alla crisi vanno infatti ricercate nell’azione
collettiva, nella consapevolezza dell’interdipendenza tra paesi e negli
investimenti nella ricerca e nella scienza (investimenti sui quali con
“incredibile lungimiranza” il presidente aveva deciso di applicare dei tagli
prima della pandemia). Ognuno di questi aspetti si trova però in contraddizione
con la politica del partito repubblicano e in particolare con la modalità di
agire del presidente durante questo primo mandato. Vorranno quindi gli
americani puntare di nuovo sull’America
First nel momento in cui è necessaria una risposta globale?
A voi lettori, agli americani e al futuro la risposta!
Maddalena Marconi 5F