Le classi quinte dell’Istituto hanno assistito alla rappresentazione de “La Patente”, opera di Luigi Pirandello, messa in scena dalla compagnia “Il Carro di Tespi” di Milano. Di seguito, riportiamo alcune recensioni degli studenti.
Nella novella, poi atto unico, La Patente, rappresentata il 20.2.2024 presso il teatro “Le Stimate”, la compagnia teatrale è riuscita a dare rilievo al tema, tipicamente pirandelliano, delle maschere. Secondo Pirandello vi è la vita, un flusso, una pulsione profonda, ma noi ne siamo l’elemento statico. Siamo statici perché abbiamo bisogno di essere riconosciuti dagli altri (dobbiamo avere un certo modo di porci, di reagire, un certo carattere, una certa funzione…) E’ ciò che accade anche al protagonista di questa novella. Gli attori sono riusciti ben a dimostrarlo, mettendo in rilievo le dicerie della gente, facendo vedere come la convinzione che il signor Chiarchiaro portasse sfortuna diventi sempre più veritiera, benché basata sulla menzogna e l’ignoranza. Infatti anche il diretto interessato alla fine utilizza queste malevole voci di corridoio a suo vantaggio. Andando dal giudice, va a richiedere proprio la patente di iettatore, questo perché ci vuole guadagnare: dopo essere stato espulso dal lavoro, escluso dalla vita sociale, ormai circondato da una brutta fama, decide di averne almeno “la patente”, grazie anche all’aspetto estetico, la barba lunga, gli abiti scuri, l’aria inquietante. Si intravede qui l’umorismo di Pirandello: le chiacchiere di paese hanno buttato questo pover’uomo in mezzo alla strada, da tre anni ha una moglie paralitica e le due figlie non verranno maritate a causa di questa fama del padre. Che fare? Lui, lo iettatore, come il protagonista della novella La carriola, vorrebbe essere diverso, ma ormai ha questa maschera: ebbene la indosserà fino alle estreme conseguenze, pur di aiutare la sua famiglia! La compagnia teatrale ha mostrato molto bene questo aspetto, in pochi minuti, grazie ad una sedia e ad un faro puntato sull’attore. Trattasi dell’ultima scena, nella quale, dopo aver finto di essere stato il colpevole della morte del cardellino, Chiarchiaro sghignazza lugubre e i giudici prendono paura. Così lo pagheranno perché si allontani e il resto della gente farà lo stesso. Ne sembra contento, il protagonista, dal tono della sua voce e dalla risata: la risata è un altro aspetto pirandelliano, come si può notare in C’è qualcuno che ride, dove però è pura, non ironica come quella di Chiarchiaro, il quale, alla fine, trovatosi solo, si accascia sulla sedia e ripetendo “sono ricco”, scoppia in un pianto sconsolato. Quindi, come la signora Ponza in Così è, se vi pare, fa credere alle persone ciò che vogliono, ma in questo caso riesce a trarne anche vantaggio, nonostante le circostanze facciano nascere un grande sentimento di compassione (cioè di umorismo pirandelliano). Debora Scardoni 5B
La Patente di Pirandello, novella e poi atto unico dell’inizio del secolo scorso, mostra già segni di invecchiamento e non è più adatta alle soglie di attenzione odierne o almeno non lo è stata l’interpretazione da parte della compagnia Il carro di Tespi, il 20 febbraio scorso. Le lunghe pause nella recitazione andrebbero ridotte, per non uccidere la comicità mista al pessimismo presenti nel testo. Il personaggio principale, tale Rosario Chiarchiaro, finisce con l’accettare il proprio marchio di iettatore. Questo ricorda il concetto pirandelliano della maschera in cui, bene o male, si rimane sempre intrappolati. Qui, consapevolmente, Chiarchiaro accetta la sua, di maschera, e, passando da vittima a persecutore, sfrutta l’ignoranza degli altri, a cui fa pagare quella che Pirandello chiama la “tassa dell’ignoranza”. Quest’opera raffigura l’essere umano che, quando è in gruppo, sembra agire con ancor più cattiveria di quando è solo. Mentre assistevo allo spettacolo pensavo a Cassandra, la donna che, nella mitologia greca, predisse la caduta di Troia. Anche a lei venne appiccicato il marchio della porta-sfortuna e anche in quel caso l’ignoranza portò dolore, e non per uno soltanto. In tipico stile pirandelliano il finale è aperto, al massimo, a una mezza vittoria. Mattia Speranza 5B
Questa rappresentazione non mi è piaciuta particolarmente, non ho trovato nulla che mi abbia colpito. Nonostante ciò il senso della commedia è chiaro: l’ignoranza dei giudici, che sono considerate persone colte con una mente aperta, li porta a credere nella superstizione, nella iella, assieme a tutta la società; così accusano un uomo, Chiarchiaro, di essere il colpevole della sfortuna che incombe sulla loro cittadina. Quest’uomo vuole allora indossare fino in fondo la maschera che le persone gli hanno attribuito, ovvero quella dello iettatore. Incontriamo, quindi, due dei principali temi di Pirandello: l’identità e la maschera. Questo autore afferma che se le persone vogliono restare nella società devono indossare maschere per essere riconosciute. Quando ci si ritrova da soli le maschere cadono e ci si può domandare chi siamo veramente. Alla fine della commedia vediamo Chiarchiaro piangere, anche se, molto probabilmente, riceverà la patente che desidera e diventerà ricco, ma, d’altro canto, perderà ogni contatto con la società, confermando di essere un emarginato. Così facendo, però, salverà la famiglia dalla miseria: o almeno questo è ciò che Pirandello ci lascia immaginare. Questa è un’altra sua caratteristica, come abbiamo visto in Così è, se vi pare, ovvero lasciare che noi spettatori decidiamo come va a finire la vicenda o scegliamo cos’ è per noi la verità. Vediamo anche il tipico umorismo pirandelliano: si può ridere del fatto che Chiarchiaro sia considerato uno iettatore, che tutti facciano gli scongiuri, che se ne vada vestito in quel modo assurdo, ma non viene più da ridere se ci si mette nei suoi panni, di uno che si sacrifica per il bene dei suoi. Antonio Cazzadori 5B
La rappresentazione teatrale de La patente di Pirandello è stata arricchente. Poter vedere ciò che solitamente noi studenti possiamo solo leggere ed immaginare mi lascia sempre una sensazione di maggior completezza nei confronti degli autori che si studiano a scuola. Ho trovato questo testo interessante e molto più moderno di quello che possa sembrare; il tema del sentirsi ciò che gli altri dicono che sei, ascoltando quelle voci che ti definiscono senza permetterti di autodeterminarti, è tipico della società capitalistica in cui viviamo, che con tutte le sue forze cerca di incanalarci in ruoli più consoni, secondo canoni imposti da non si sa bene chi o cosa. Questo tema è ricorrente in Pirandello il quale individua nella “forma”, cioè tutte le regole e convenzioni che disciplinano la società, ciò che limita la nostra vita e ci costringe a essere personaggi e non più persone. Alice Bassotto 5B