Il naufragio

di RANYA ZYAT, 3E

“Davanti a me solo mare. Sopra di me solo il cielo. L’orizzonte una bianca Lina lontana.” E ricordi mi riportano agli attimi terribili appena vissuti: la tempesta è stata implacabile con la mia nave,  perché le onde altissime hanno distrutto tutte le fiancate e hanno spazzato la tolga facendo precipitare in mare facendo precipitare il cassero direttamente in mare. La stessa fine l’ho fatta io quando l’onda più grossa mi ha mi ha ghermito come fosse una belva e mi ha scaraventato oltre bordo. Sono stato fortunato perché ho trovato un relitto galleggiante a cui mi sono aggrappato nella speranza di sopravvivere e poter raggiungere l’isola che vedevo in lontananza. Stessa sorte purtroppo non è capitata ai miei poveri compagni che sono finiti tutti in mare, chi annegando e chi venendo divorato dagli squali ferocissimi che infestano queste acque. Facendo sforzi sovrumani riesco a raggiungere l’isola e la spiaggia di sabbia finissima, liscia, calda e quasi accogliente per il mio povero corpo martoriato dalla tempesta e dagli sforzi sostenuti. Ecco sono qui sdraiato ancora ansimante senza più forse forze con alcuna speranza per il prossimo futuro: mi assale la paura di morire. Oh povero me che brutta fine mi tocca. Chiudo gli occhi in attesa dell’ultimo respiro della mia vita…

Ma no! Non posso lasciarmi andare così: voglio sopravvivere e ci riuscirò! Decido di rimanere sdraiato per recuperare le forze e scaldarmi al sole; il mare ancora in tempesta non mi fa più paura quindi, riposato che sono, mi alzo e vado a cercare del cibo che, ne sono certo, sarà abbondante nella foresta lussureggiante che difronte. Mi addentro tra i palmi degli alberi di cocco e trovo subito un albero carico di noci di cocco. Trovo un bastone con cui faccio cadere due o tre di quei frutti, che si rivelano poi molto nutrienti con la loro morbida polpa e il loro latte dissetante. Già da subito mi sento rinvigorito e allora inizio ad esplorare l’isola. Nel mio girovagare vedo non solo alberi con le noci di cocco ma anche altri alberi la cui legna mi servirà per costruire la zattera con cui intendo tornare alla civiltà. Improvvisamente dal folto della foresta giunge un urlo terrificante che nulla di umano ha e subito dopo emerge un enorme gorilla inferocito che vuole porre termine alla mia vita…Non posso scappare mi toccherà affrontarlo…. Il gorilla, un maschio enorme, mi guarda feroce e io cerco di guardarlo negli occhi, ma la paura mi costringe ad abbassare la testa, disperato ed in attesa della fine…

Sempre con la testa chinata a terra, improvvisamente sento che il tremendo animale corre verso di me, urlando e strappando cespugli ed altra vegetazione, battendo i pugni per terra: mi vuole sicuramente strappare braccia e gambe e schiacciare il resto per terra riducendomi ad un povero mucchietto di carme maciullata e ossa rotte…

Impietrito ed incapace anche di un solo movimento o di scappare, mi preparo psicologicamente alla morte, ma mi accorgo che la belva, giuntami vicino, si ferma come interdetta: mi osserva, mi gira intorno, mi annusa, soffia dalle nari, ma non muove un solo dito contro di me, fa per allontanarsi, poi ritorna e penso che stavolta la farà proprio finita… invece no, non mi attacca ma anzi lancia uno sbuffo e si allontana, tornando al suo branco……..

Allora, un po’ rinfrancato, riprendo ad esplorare l’isola. Trovo una specie di sentiero che serpeggia tra gli alberi: sarà sicuramente opera degli animali che percorrono e ripercorrono sempre la stessa pista pian piano allargandola e trasformandola in sentiero vero e proprio. Sono contento perché ciò significa che potrò procurarmi il cibo non solo con i frutti che abbondano sugli alberi, ma anche cacciando gli animali presenti sull’isola. Guardandomi sempre intorno, trovo un legno a forma di clava che prendo subito per usarlo sia come arma di difesa che di caccia; poi è la volta di un un’asta lunga più di 3 metri che, una volta appuntita, sarà la mia lancia per cacciare a distanza; mi fermo vicino ad una roccia e inizio a sfregare una delle estremità per appuntirla: il legno è molto duro e resistente e sarà un’arma formidabile per procurarmi il cibo.

E’ necessario che mi eserciti ad usare la mia lancia ed infatti, già dopo pochi lanci, riesco a mirare e colpire i bersagli più piccoli o più lontani… Finalmente sono armato e pronto ad affrontare qualsiasi pericolo.

Mi muovo in direzione di nuovo del mare che intravvedo tra le fronde. Dopo una bella camminata, sbuco su una spiaggia ancora più bella di quella che mi ha accolto dopo il naufragio: la sabbia sembra polvere d’oro ed è morbida come la seta, l’acqua è talmente trasparente che quasi non si vede, il sole caldo e carezzevole sulla mia pelle. Questo posto è davvero il paradiso.

Mi muovo verso la riva: tra i sassi del fondo marino guizzano miriadi di pesci, piccoli, grossi, medi, e polpi e seppie e aragoste e granchi, non c’è che da scegliere. Voglio catturare un pesce e allora uso la mia lancia per cacciarlo, infilzandolo da parte a parte. Mi preparo bilanciandomi bene sulle rocce della riva, aspetto che mi arrivi a tiro un grosso pesce guizzante (sarà una cernia?), ecco che si ferma curioso a guardarmi dall’acqua come se non abbia mai visto una figura umana. E’ il momento: alzo la lancia, carico il mio braccio, tutti i suoi muscoli sono tesi pronti a scagliare la mia arma, prendo accuratamente la mira, è un tiro facile, lancio e… la lancia si conficca nella sabbia del fondo a qualche centimetro dal pesce che, infastidito, riprende a nuotare e se ne va. Ma come? Il tiro era facilissimo, la mira perfetta e…. e comunque sbaglio e non catturo il pesce. Interdetto da questo mio primo fallimento, resto in piedi a meditare e a domandarmi come sia stato possibile questo mio errore, quando da sotto l’ombra delle palme mi giunge una risata: “AH AH AH AH AH!!!!!!”.

Sorpreso e un po’ spaventato, mi volto a cercare chi, uomo o belva, abbia lanciato quella risata quasi a schernirmi del mio insuccesso. Dall’ombra, allora, emerge una figura umana: un indigeno imponente, abbronzatissimo, con muscoli possenti che pian piano mi si avvicina, ma non con fare minaccioso anzi curioso. Quando mi è vicino e dopo avermi squadrato da capo a piedi, con un gesto veloce prende la mia lancia, si volta verso l’acqua e la scaglia con una forza tremenda, centrando subito un enorme pesce ancora più grosso di quello da me mancato.

… continua …

I testi redatti dagli alunni della classe 3E rientrano all’interno di un laboratorio di scrittura creativa organizzata in seguito ad un’attività di lettura di testi letterari di genere diverso (dal romanzo di avventura, a quello fantasy, fino a quello surrealistico), che sono risultati da stimolo per la composizione di elaborati realizzati dai ragazzi stessi.

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