Il mare come viaggio e speranza: riflessioni su “Io Capitano”

Io capitano attraverso la frase di M. Maggiani: “Guardo il mare e vedo quello che vedeva mio nonno, diceva: – A cusi serva er mare che in se po’ bere? A niente, serva solo a partir. E non era contento; va per mare chi non trova sostentamento e protezione dalla terra madre, va per mare l’anima esule e dall’esilio non torna più e se dicono che sia tornato è solo illusione, il mare restituisce un estraneo”.

Il mare è ciò che accomuna tutti i continenti, li culla, li avvolge (e a volte li travolge) dall’alba dei tempi. Da sempre l’acqua simboleggia la vita, la prosperità e il pericolo insieme, dolce e spietata, eppure è impossibile per l’uomo rinunciarvi, come al bisogno di viaggio, alla fuga dalla sedentarietà. Ci risulta difficile ignorare, assieme a un po’ di smarrimento, il senso di speranza che ci prende quando guardiamo l’infinito orizzonte marino. Ci viene voglia di partire, come molti italiani, e non solo, tra ‘800 e ‘900, raccontati anche nel film Nuovomondo di Emanuele Crialese: pastori delle Madonie siciliane, analfabeti, ignoranti e ingenui, tanto da credere a finte immagini propagandistiche di ortaggi enormi, galline giganti, alberi dalle monete d’oro e fiumi di latte che avrebbero trovato nel Nuovomondo, appunto, e che bastarono a dar loro il coraggio di lasciare una terra sterile, piena solo di sassi, con addosso i vestiti dei morti, quasi viatico per l’America, e di imbarcarsi, “streti come sardele”, avrebbero detto i loro connazionali veneti, su di un oceano da spavento. In ciò non si può non cogliere un parallelismo con il film Io capitano, visto lo scorso 22 novembre con tutte le classi quinte e qualche quarta. La pellicola racconta le vicende di due sedicenni senegalesi dei nostri giorni, che decidono di intraprendere “il viaggio”, questa volta dall’Africa verso l’Europa, anch’essi spinti dalla povertà, ma soprattutto dalla speranza di una vita di successi musicali, alimentata dai video dei rapper on-line, da una pubblicità vista sul telefonino, altrettanto finta e illusoria. Cambiano i sogni, ma non cambia il sistema capitalista ingiusto e sbilanciato che regola il nostro pianeta, capace di muovere ovunque merci e denaro, quindi, va da sé, anche le persone, che si trovano davanti, però, ostacoli insormontabili. Ciò che Io capitano mette in risalto, infatti, è anche la crudeltà umana, perché mostra quanto situazioni di crisi politica, economica e sociale possano spingerci a lasciare ogni freno inibitorio e a far prevalere l’istinto di sopravvivenza, abbandonando empatia e dignità. Durante “il viaggio”, infatti, Seydou e Moussa vengono fermati da alcuni terroristi libici, ma anche da forze dell’ordine, che rubano tutto il loro denaro, li separano, li imprigionano, li torturano e li vendono come schiavi. Queste parti del film mi hanno molto toccata: ci riduciamo veramente come bestie, senza solidarietà e senza scrupoli solo per il potere e il denaro. Il protagonista, però, non viene corrotto nella sua bontà ingenua, anzi, si fortifica e trova il coraggio, che all’inizio non aveva, di assumersi la responsabilità di salvare non solo il cugino, ma tante altre persone, costretto a guidare un’imbarcazione attraverso il Mediterraneo, senza nemmeno saper nuotare. Il film non mostra cosa succederà una volta in Italia, ma il destino di quel ragazzo ci sembra prevedibile: difficilmente verranno soddisfatte le sue aspettative, piuttosto Seydou si scontrerà con odio, xenofobia o indifferenza, che a volte è ancor più difficile da sopportare. Dov’è quindi la terra promessa, l’Eldorado che gli era stato assicurato? Proprio come i pastori meridionali dell’800, i due cugini partiti dal Senegal si accorgeranno che il Nuovomondo non è poi così nuovo. Noi italiani, che siamo emigrati e siamo stati trattati come bestie, considerati sporchi, stupidi e ladri, non abbiamo ancora capito cosa sia l’accoglienza. Eppure forse una speranza c’è ed è nelle nuove generazioni che vivono ormai nel multiculturalismo. Io ho fiducia in noi, in noi ragazzi giovani, per poter tornare a pensare il mare come distesa di speranza e futuro, non come un cimitero di migranti a cielo aperto.

Alice Bassotto, 5B

Il dipartimento di lettere, vista l’eccezionalità della pellicola, candidata agli Oscar per rappresentare l’Italia dopo aver vinto il Leone d’Argento al festival del cinema di Venezia, ha organizzato, per le classi quinte dell’istituto, una proiezione riservata presso il cinema Fiume, a san Zeno, nella giornata di mercoledì 22 novembre 2023. Pubblichiamo alcune riflessioni a margine del film.

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