Oggi noi vediamo questi barconi di persone disperate che approdano sulle coste italiane, vediamo le difficoltà e la costosa integrazione: da ciò deriva la presa di potere dei movimenti populisti in Europa, che approcciano il tema con atteggiamento adolescenziale, cioè con uno spirito di ribellione irrazionale. Così scendono in piazza gridando slogan xenofobi e irragionevoli, scordando quante volte è accaduto nella storia il medesimo fenomeno, magari con protagonisti diversi, che hanno però affrontato lo stesso sradicamento, la stessa malinconia, la stessa estraneità. Maurizio Maggiani introduce anche un aspetto che spesso viene trascurato da chi osserva il fenomeno della migrazione dall’esterno. Chi resta, magari sostenendo, anche economicamente alla partenza, l’emigrante nella sua scelta, accetta ciò che va contro il desiderio umano di vedere gli affetti più cari crescere vicini e simili alle proprie origini. Eloquente è, a questo proposito, quanto dice la madre di Seydou nel film Io capitano di Matteo Garrone, quando lo ammonisce: tu devi respirare la stessa aria che respiro io! Chi resta sa che quel ragazzo tornerà inevitabilmente cambiato rispetto a quello che conosceva. Si tratta di un sacrificio che fanno anche gli immigrati che scelgono di far nascere e crescere i propri figli nel paese in cui invece loro si sentiranno sempre ospiti. Acconsentiranno che i loro nati assorbano una cultura diversa, che chiamino casa un posto che per loro non lo sarà mai. Credo che le occasioni, come quella dello scorso 22 novembre, di conoscere le vicende dei migranti siano un importante modo per suscitare un processo di identificazione, ma troppo spesso mi è sembrato che ciò accada solo superficialmente. Le persone si siederanno nelle poltrone del cinema come abbiamo fatto noi, guarderanno due ore della storia di un ragazzo che si sbatte per la vita, alla ricerca della speranza. Lo vedranno cadere nelle mani della mafia libica, urlare martoriato nel sonno, venduto, sfruttato, ricattato, poi si alzeranno da quella poltrona per tornare alle loro vite, a volte come se nulla fosse. Se un film come Io capitano non è riuscito a indignare abbastanza la coscienza dell’opinione pubblica, affinché alzasse voci sufficientemente forti per far prendere una posizione definitiva alle istituzioni europee contro accordi di comodo con chi calpesta ogni giorno i più basilari diritti umani, cosa potrà mai far cambiare qualcosa? Cosa c’è di più forte delle storie delle persone? Forse mi sarà per sempre incomprensibile il cinismo con cui si possono stipulare accordi con nazioni antidemocratiche pur di spostare il problema da una scrivania all’altra, o, nel migliore dei casi, pur di non abbandonare l’Europa ai populisti. Si ci potrebbe rivolgere alle persone moralmente più rette, ma per ricevere la stessa alzata di spalle, la stessa risposta: “E noi che possiamo farci? Non possiamo accoglierli tutti”. E senza colpe apparenti, continuerà il ciclo infinito dei vinti.
Giorgia Doroftei, 5B
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Il dipartimento di lettere, vista l’eccezionalità della pellicola, candidata agli Oscar per rappresentare l’Italia dopo aver vinto il Leone d’Argento al festival del cinema di Venezia, ha organizzato, per le classi quinte dell’istituto, una proiezione riservata presso il cinema Fiume, a san Zeno, nella giornata di mercoledì 22 novembre 2023. Pubblichiamo alcune riflessioni a margine del film.