Burberry: un caso sofferto di contraffazione

 di Gobbetti Mosè 4G

Il caso di contraffazione ai danni di Burberry, impresa leader del settore ‘’tessili, abbigliamento e beni di lusso’’ si è protratto nei tre gradi di giudizio fino alla sentenza finale della Corte di Cassazione. Oggetto del caso di contraffazione: il Tartan, uno dei pattern di riferimento e carattere distintivo dell’impresa. Ma quali sono i danni e gli effetti negativi che la contraffazione può provocare, sia  ad un’azienda, sia ad uno Stato, ma anche al consumatore?

Le vittime della contraffazione

La contraffazione del marchio, quindi di un prodotto, è un grave problema, specialmente negli ultimi anni, alimentato dalla diffusione dell’e-commerce, che consente di commercializzare con maggior facilità i falsi.                        

Questo fenomeno non comporta danni solamente alle imprese, ma anche allo Stato, ai cittadini e  al consumatore.

Le imprese perdono molti clienti dato che il prodotto contraffatto generalmente ha una qualità scadente. Il pericolo è che il consumatore, nel caso in cui rimanesse insoddisfatto, finirebbe per non acquistare più nemmeno il prodotto originale. Quest’ultimo ne potrà rimanere insoddisfatto e non comprare più neanche il prodotto autentico. Il danno alle imprese non è solamente economico, ma si traduce anche in un danno all’occupazione regolare, poiché l’industria del falso ricorre molto spesso al “lavoro nero’’ e allo sfruttamento minorile.  

In altri casi lo stesso Stato può rimanere vittima di tali effetti negativi, dato che i produttori di merce contraffatta evadono il fisco: ciò comporta una perdita di miliardi di euro per le casse dello stato; miliardi che potrebbero essere impiegati a vantaggio dei cittadini, garantendo, per esempio, un aumento dei servizi sociali e meno tasse.

Anche la criminalità organizzata beneficia della contraffazione, dato che gran parte della produzione di questi prodotti  reinveste il denaro in attività illegali, quali traffico di persone, di armi e stupefacenti.

Anche il consumatore non si salva di certo da questa piaga: i prodotti contraffatti, spesso di scarsa qualità, si rivelano pericolosi per la salute di chi li usa, e, per certi prodotti, medicinali, alimenti e giocattoli, il rischio è maggiore.

I tre gradi di giudizio

La controversia è scaturita al seguito della confisca, da parte della guardia di finanza, di ben 4000 metri quadrati che imitavano il famoso motivo tartan, il “Burberry Check”: l’azienda asiatica, sede della contraffazione era capo di una grande rete distributiva di commercializzazione di un prodotto contraffatto.

Credit:: Rehua

Dopo un primo ricorso al tribunale di Roma, con l’accusa di aver commesso reati previsti e puniti dagli articoli 474 c.p. e 648 c.p.,  riguardanti la tutela e la contraffazione del marchio, il risultato fu deludente: la condotta dell’azienda asiatica è stata giudicata penalmente rilevante perchè i prodotti, seppur identici, non riportavano il marchio denominativo “Burberry”. Nessuna possibilità, quindi, da parte del cliente consumatore, di ricollegarsi alla famosa azienda.

Lo stesso è accaduto nel secondo grado di giudizio: la Corte di Appello di Roma ha riconosciuto l’insussistenza del reato citato nell’articolo 474 c.p., poiché i campioni dei prodotti presentati al giudice non potevano essere confusi: il falso non poteva essere ricollegato a Burberry, dato che riproducevano un generico tipo di tartan e il materiale del prodotto mostrava tessuto stropicciato e colori sbiaditi. Come poterlo confondere con un tessuto autentico?

Corte di Cassazione: la sentenza finale

La Corte di Cassazione, però, ha rivalutato la vicenda e il giudizio del giudice precedente, rinviando la sentenza ad un’altra corte di appello di Roma.

Le motivazioni sul rinvio della sentenza derivano dal l’errore commesso dal giudice di secondo grado, che affermava il fatto che, dato che i prodotti non erano simili dal punto di vista del materiale, e che il pattern a righe, marchio figurativo di Burberry, non era proprio dell’impresa, non si sarebbe creata alcuna conclusione.

Inoltre la Corte di Cassazione ha affermato che la sola riproduzione del pattern andava a ledere un bene giuridico, ovvero la fede pubblica; secondo il Codice Penale, il reato si realizza a prescindere dal fatto che sia avvenuto o meno l’inganno: in questo modo è sufficiente che il danno -in questo caso la confusione sul mercato e del consumatore- sia potenziale.

Questa pronuncia della Corte di Cassazione è andata a giovare molto a Burberry: d’ora in poi il marchio figurativo composto da righe rosse e nere che si intersecano su dei quadrilateri bianchi non potrà più essere definito come tartan, ma andrà definito sempre solo come Burberry .

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