La pena capitale è stata fortemente praticata in passato e vige ancora in alcuni Paesi del mondo. La sua legittimità deriva dal diritto medievale secondo cui spettava al sovrano, grazie alla sua nomina da parte di Dio, il diritto di decidere sulla vita e la morte dei propri sudditi. Con l’arrivo dell’Illuminismo, movimento culturale che pone la Ragione umana al centro di tutto, si inizia a criticare questa pratica, in quanto si sostiene il riscatto dell’individuo dal punto di vista socio-culturale e si insegue l’idea dell’uguaglianza delle persone. Cesare Beccaria, infatti, illuminista lombardo, critica il sistema giudiziario e i suoi mezzi di condanna, negando l’ammissibilità della pena capitale. Beccaria sostiene l’inutilità della pena di morte in quanto lo scopo di una condanna è quello di punire per rieducare il detenuto ed evitare il reiterarsi dei reati. Egli illustra questo concetto nell’opera “Dei delitti e delle pene” del 1764 che, nonostante finisca due anni dopo nell’indice dei libri proibiti, vede ampia diffusione in Europa tra autori come Diderot e Voltaire, che ne scrivono un commento positivo. Nel 1786 il pensiero di Beccaria viene inoltre messo in atto dal Granduca di Toscana Pietro di Lorena, che è stato il primo sovrano europeo ad abolire la pena di morte. In seguito i sovrani di altri stati limiteranno il ricorso alla pena di morte, fino alla sua completa abolizione. Questa condanna è contraria ai diritti inviolabili di qualsiasi persona e dovrebbe essere soppressa dai codici penali di tutto il mondo.
Oggi la nostra Costituzione al quarto comma dell’art 27 nega espressamente l’ammissibilità della pena di morte. E negli altri Paesi a che punto siamo? Nel video che segue, pubblicato in occasione della giornata internazionale contro la pena di porte 2021, vi è una breve sintesi.
Silvia Busti 4E