Il mondo si regge sul fiato dei bambini che vanno a scuola

L’Italia ha formalmente istituito la giornata commemorativa: essa ricorda le vittime dell’Olocausto, delle leggi razziali e coloro che hanno messo a rischio la propria vita per proteggere i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani nella Germania nazista. Nelle scuole si è dunque deciso di istituire delle attività di sensibilizzazione ed educazione per gli studenti di ogni età. Con l’aiuto di video, testi, poesie e interviste, gli studenti apprendono concretamente cosa è successo durante quegli anni di violenze.

Durante la giornata di mercoledì 27, gli studenti delle varie scuole di Verona si sono collegati su YouTube per partecipare all’intervista condotta da Andrea Franzoso. In quest’intervista i ragazzi sono riusciti ad ascoltare le testimonianze di Bruna Cases e di Giordano D’Urbino. Oltre a questa bellissima opportunità, i professori di italiano, diritto e storia hanno condiviso con i propri studenti altro materiale didattico. Finito l’incontro hanno riflettuto sull’importanza  e la necessità di questa giornata.

Per gli studenti veronesi la giornata di mercoledì 27 gennaio, è iniziata come di consuetudine. I ragazzi hanno svolto le prime due ore di scuola in modo regolare poi, come previsto da programma, si sono collegati sulla piattaforma di streaming di YouTube per partecipare all’incontro previsto con la bellissima coppia D’Urbino. L’intervista, condotta da Andrea Franzoso, inizia con una breve presentazione degli argomenti che saranno in seguito approfonditi dai suoi ospiti. Nella videochiamata di Zoom, scelta come stanza di incontri a distanza, troviamo con il sig. Franzoso anche alcuni studenti e professori che hanno avuto la fortuna di poter interagire con la coppia in diretta.

La storia di Bruna Cases e Giordano D’Urbino ha colpito molto i ragazzi. Durante tutta la durata dei loro interventi si poteva percepire l’atmosfera cambiare in base a quanto raccontato. La storia turbolenta della Signora Cases inizia dopo il ritorno della sua famiglia a Milano. “Mi ero resa conto che qualcosa non andasse” ha detto ripensando a quell’8 settembre del ’43. La famiglia Cases riuscì a scappare da Milano e raggiunse la Svizzera. Dopo essere stati sottoposti a dei controlli e messi nei campi svizzeri riuscirono per un po’ di tempo a vivere “tranquilli”. Per fortuna anche la famiglia D’Urbino riuscì a raggiungere la zona neutrale dove si poteva mangiare e andare a scuola, proprio come la Signora Cases. Entrambi hanno raccontato ai ragazzi le loro esperienze, i ricordi impressi delle reazioni della gente e gli aiuti ricevuti. Per fortuna sia la famiglia Cases che il giovane Giordano riuscirono a tornare a casa successivamente all’armistizio. La loro storia ha commosso parecchi, sia gli adulti lì presenti che i piccini. Una storia toccante che dimostra come pazienza, fortuna, amore e speranza possano in certi casi salvare qualcuno da una condanna ingiusta dettata dalla perversità di pochi. Oltre alle deportazioni ebraiche, dobbiamo ricordarci di quelle politiche. In Italia si contano circa 8.000 deportati ebrei contro i circa 32.000 deportati politici. Si parla di persone che furono prelevate dalle loro abitazioni perché non sostenitori delle teorie fasciste per ragioni politiche e sociali. Non tolleravano le atrocità dei sostenitori di Hitler e Mussolini. Come gli ebrei, questi venivano marchiati e distinti per provenienza e credenze politiche. Oltre alle deportazioni politiche, in Italia come in tante altre nazioni, un altro fenomeno cominciò a propagarsi nel corso degli anni bui: la deportazione femminile. Per capire la gravità della situazione bisogna contestualizzare il fenomeno. Il ruolo della donna negli anni ’40 non è minimamente paragonabile a quello attuale, nonostante certe cose non siano cambiate. Se già nella propria quotidianità una donna aveva un ruolo ben designato e doveva avere sempre un comportamento decoroso, una volta arrivata nei campi di lavoro forzato le cose cambiavano. Per tutta la durata della loro permanenza queste donne sono state sottoposte ad aborti forzati esperimenti pericolosi e rischiosi.

L’importanza di questa giornata e il suo impatto sui giovani viene sottovalutato. Atti antisemiti e razzisti sono sempre frequenti, nonostante siano passati anni da queste stragi. Basta pensare a uno degli ultimi fatti di cronaca successi recentemente. Durante la mattinata del 22 Gennaio, la Polizia di Stato ha arrestato un giovane savonese di 22 anni, destinatario di un provvedimento di custodia cautelare emesso dal Gip. Il sospetto è stato accusato di aver utilizzato il terrorismo, la propaganda e l’incitamento come motivi e di aver aggravato il diniego per motivi di discriminazione razziale, commettendo in tal modo un crimine. Gli investigatori della Polizia di Stato hanno trovato questo giovane il quale insieme ad altri coetanei, ha fondato un’organizzazione originata dal nazionalsocialismo, chiamata “Nuovo Ordine Sociale”, volta a reclutare altri volontari e pianificare azioni estreme e violente per scopi sovversivi. In particolare, attraverso la piattaforma di scambio di informazioni, esperti arrestati ed entusiasti di armi e articoli “militari” mantengono contatti con gruppi diretti o specifici per dimostrare che altri hanno la stessa posizione ideologica; Il giovane insieme ai suoi colleghi, voleva diffondere una chiara matrice neonazista e antisemitismo sulla rete dei documenti, in cui istigava pubblicamente una rivoluzione violenta contro il “paese occupato dai sionisti”. Nelle varie chat analizzate non mancano ancora atti di istigazione alla violenza estrema, addirittura sacrificio di vite, incoraggiamento a “sparatorie” o “giornata della corda”. Questo genere di atti non possono accadere nel ventunesimo secolo. I giovani sono il nostro futuro, forse pure la nostra salvezza.

Il mondo si regge sul fiato dei bambini che vanno a scuola”  ha detto il Signor D’Urbino ricordandosi di un antico detto ebraico. È necessario non dimenticare. E parlarne, sensibilizzare i bambini e i giovani adolescenti è fondamentale. Perché dimenticare non rende uomini. Ci rende solo ciechi e complici di una strage che mai più si deve ripetere.

Margaux Ridolfi, 4A

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